L’Approccio alla Psicosomatica Applicata
La malattia non è un errore fisiologico ma un processo biologico preciso dotato di un suo senso. <“La malattia non è ne’ una crudeltà ne’ una punizione ma semplicemente uno strumento di cui la nostra anima si serve per mostrarci i nostri errori”> Lo affermava il dottor Edward Bach, scopritore del potere curativo dei fiori. Ci ammaliamo per adattarci all’ambiente in cui viviamo, seguendo un’evoluzione personale e della specie. Ci ammaliamo come conseguenza dello stress e dei conflitti inerenti al cambiamento e alle relazioni interpersonali; invece la conoscenza, quindi la consapevolezza, con la seguente risoluzione di questi conflitti ci aiuta a guarire. Conoscere il senso della malattia ed i nostri bisogni psichici e biologici è un passo fondamentale per la conquista della serenità legata al benessere e per trovare il senso della nostra vita.
Fin dalla notte dei tempi si è cercato di comprendere i meccanismi del comportamento umano e questo ha affascinato studiosi, filosofi e uomini di medicina. La storia della Psicosomatica ha origini profonde ed il primo filosofo che tratta dei conflitti tra mente ed anima è Platone. Suo è il famoso aforisma <”Non bisogna cercare di guarire il corpo senza cercare di guarire l’anima”>. Prima di lui il principio fondamentale della medicina primitiva concepiva la malattia come una condizione di disagio dell’uomo nella sua unità e l’effetto della volontà di una forza superiore divina era considerato elemento causale e determinante. Erano gli Dei, dall’alto del loro potere indiscusso che tenevano le redini della vita degli uomini e causavano loro malattie o incidenti in base al comportamento umano nei confronti della propria divinità. Nel mondo magico primitivo non esisteva né una concezione della mente, né una concezione del corpo, né dell’ambiente e l’uomo si sentiva immerso nella natura in tutti i suoi aspetti, riconoscendosi inferiore e dipendente da tali forze. In questa visione del mondo, lo sciamano o il sacerdote erano gli intermediari tra il mondo degli umani e il mondo degli Dei o degli spiriti. In questo contesto la malattia finiva con il riguardare l’intera comunità assumendo anche il carattere di evento tribale che attraverso l’opera dello sciamano o della preghiera o dei riti sacrificali poteva essere ricondotta alla guarigione.
Con lo sviluppo dell’intelletto questo riferimento agli Dei come responsabili di vita e morte degli uomini diminuì d’importanza e Pitagora, in seguito, ricercando le analogie tra l’uomo e l’universo, tra il microcosmo e il macrocosmo, aveva riconosciuto nella malattia una rottura dell’equilibrio dell’organismo, come una sorta di “perduta armonia” tra queste due forze. La medicina umorale di Ippocrate aveva invece affermato come responsabile della malattia, lo squilibrio tra i liquidi organici, che battezzò gli “umori del corpo”. Tale concezione è di importanza fondamentale per la storia della medicina psicosomatica poiché inserisce il temperamento individuale, derivato dalla preminenza di un umore sull’altro, come elemento scatenante della malattia, individuando in ciascuna persona la sua costituzione: il tipo “sanguigno”, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”, esprimerebbero, in definitiva, il carattere, l’atteggiamento e il modo di porsi nel contesto sociale di ciascuno di noi. L’approccio di Ippocrate al corpo umano ed alle sue alterazioni verrà ripreso ed ampliato anche da Galeno nell’antica Roma e diventerà punto di riferimento per tutto il Medioevo e il Rinascimento.
Nel Seicento, la scoperta del microscopio e le idee del filosofo Cartesio offrirono alla medicina una diversa concezione dell’organismo regolato da forze meccaniche e fisico-chimiche, anticipando la scoperta degli ormoni, propendendo quindi per la fisiologia assoluta e promuovendo la mente ad organo superiore ed indiscusso. Poi, intorno alla fine dell’Ottocento, Claude Bernard, iniziò a parlare di omeostasi per descrivere il processo di autoregolazione da parte dell’organismo riproponendo la visione unitaria della malattia.
Dobbiamo attendere però fino a Sigmund Freud, grazie ai suoi studi sull’isteria, per poter affermare che un istinto psichico, qualora represso, possa essere capace di provocare importanti modificazioni corporee. Mentre però Sigmund Freud concentrava la sua attenzione e il suo lavoro sull’analisi del contenuto verbale dei suoi pazienti, Wilhelm Reich, psichiatra austriaco, introdusse nella psicoanalisi anche l’osservazione e il lavoro analitico sul corpo. Successivamente, le teorie di Reich offriranno al suo allievo, Alexander Lowen, lo spunto per elaborare una nuova metodica psicoterapeutica secondo quella che poi chiamerà “analisi bioenergetica”. Questo approccio, unico nel suo genere, ha avuto il merito di ri-considerare la mente e il corpo come un’unità funzionale inscindibile, tanto che l’intervento degli analisti bioenergetici è costituito da una complessa combinazione di lavoro sul corpo e lavoro psicoanalitico sull’atteggiamento mentale.
Dobbiamo però aspettare fino ai primi del 900 con Hans Selye per far luce sui misteri della connessione mente-corpo ed è proprio da lui che proviene il moderno termine di Psicosomatica o come l’ha chiamata lui “Sindrome generale di adattamento“. La Psicosomatica moderna quindi è lo studio delle relazioni che si instaurano fra mente e corpo ed in particolare delle reazioni che il corpo mette in atto in seguito ad un conflitto con il cervello. La Psicosomatica in pratica ci aiuta ad interpretare i messaggi nascosti che il cervello ci manda attraverso l’interpretazione dei sintomi.
Ma allora, alla fine, da dove viene la malattia? Per rispondere correttamente a questa domanda dobbiamo considerare che il nostro corpo non è costituito solo di materia ma anche di anima e spirito. Se consideriamo la nostra “unità uomo” suddivisa in quattro livelli energetici abbiamo come l’immagine di una piramide al cui culmine è situata una punta contraddistinta dal nostro livello spirituale, quello esistenziale, chiamato anche sincronico, il livello micro/macrocosmico che ci connette con l’universo. Scendendo verso il basso troviamo, sotto alla sommità, il livello emotivo, lo stadio mentale, quello relazionale e psicoreattivo, il propriamente detto livello “psicosomatico”. Scendendo ancora verso la base della piramide, aumentando il suo volume, troviamo il livello bioenergetico o biocitologico, il livello funzionale organico, quello quantistico. Arrivando alla base della piramide troviamo infine il livello materiale o somatico, quello delle reazioni biochimiche, il livello atomico-molecolare e strutturale, chiamato anche “morfologico”.
Ognuno di questi livelli vive di esperienze proprie a livello vibrazionale e queste vibrazioni interferiscono con le nostre cellule. Spetta quindi a noi attivare, in base alla produzione dei nostri pensieri, delle vibrazioni che agiscono positivamente o negativamente sulle cellule del nostro organismo. Per approfondire l’argomento possiamo dire che in cima alla piramide, il nostro livello spirituale reagisce ed altera le sue vibrazioni ogni qual volta noi avvertiamo una sensazione di disagio. Si tratta di una lieve sensazione, a volte quasi impercettibile, uno stato di non completa serenità, un piccolo brivido o una sensazione di non essere nel posto giusto o con la persona giusta. Ecco questo è l’innesco di quel processo che potrebbe poi portare alla vera e propria malattia.
L’origine di tutte le malattie parte da una sensazione di disagio che altera le vibrazioni del nostro livello spirituale. Il disagio influisce sul nostro livello esistenziale ogni volta che noi ci troviamo in una situazione o in compagnia di una persona, che non risponde al quadro idilliaco che ci siamo costruiti come nostro ideale. Lo so che è un’affermazione forte ma già in questa situazione la sensazione di disagio che proviamo altera la vibrazione del livello che coinvolge il nostro microcosmo in relazione col macrocosmo. Siccome però è solo una sensazione che non produce, almeno apparentemente, sintomi avvertibili a livello corporeo, noi tutti decidiamo di ignorarla, sbagliando, perché poco importante. Se questa situazione si ripete quotidianamente e noi quotidianamente decidiamo di ignorarla, allora ecco che il disagio protratto nel tempo scende di livello nella nostra piramide, ingrandendosi, e si attesta sul piano emotivo relazionale modificando l’atteggiamento mentale. A questo livello il disagio comincia ad alterare la nostra forma pensiero, facendoci creare dei pensieri fissi ripetitivi e se questi pensieri sono negativi cominciano a rimuginare in testa fino a formare quelli che io chiamo “i fiumi del pensiero”. Per spiegarmi meglio si potrebbe dire che ogni pensiero, se isolato e fine a se stesso, provoca un percorso di neuroni che potremmo paragonare ad un ruscelletto di montagna. Se questo pensiero esaurisce il suo scopo in breve tempo, il ruscelletto, non essendo più alimentato, si esaurirà e ne rimarrà solo una traccia. Se invece il pensiero diventa quotidiano creerà, a livello di connessioni neuronali, un torrentello che via via diventerà sempre più largo e scorrevole fino a diventare un fiume impetuoso, in base al numero di volte in cui formuliamo quel dato pensiero. Il punto focale ora è che il nostro atteggiamento mentale, come un fiume in piena alimentato da tanti affluenti, porta il nostro cervello a ricadere sempre negli stessi pensieri ed ogni situazione che ci troviamo a vivere ci sembrerà un’altra occasione per alimentare questo fiume. A questo punto, con diversi fiumi in piena nel nostro modo di pensare, noi stessi ci costruiamo un atteggiamento mentale che ci porterà a percepire delle sensazioni non più di solo disagio ma di malessere. Il malessere contraddistingue il secondo livello bioenergetico dell’individuo, modifica lo stadio mentale ed interferisce sul piano relazionale e sociale. Questo è il livello psicoreattivo in cui si attiva appunto la risposta psicosomatica.
La sensazione di malessere è percepita in maniera più evidente di un semplice disagio ed inizia a provocare delle reazioni, modificando il nostro atteggiamento mentale. A questo livello, essendo mente e corpo intercomunicanti, il pensiero prende forma ed invia dei messaggi che si ripercuotono sul fisico andando a fissarsi nelle varie strutture corporee in base alla relazione che queste hanno con il tipo di emozione che si è venuta a produrre. Se continuiamo ad ignorare la sensazione di malessere o siamo costretti a subirla quotidianamente, questa scende ulteriormente di livello e si assesta sul terzo piano, ingigantendo il suo messaggio a livello bioenergetico o come più scientificamente viene chiamato, livello biocitologico. Quindi se ignoriamo anche il segnale di malessere che il corpo ci invia, questa sensazione si trasforma in disturbo.
Il disturbo inizia ad essere un segnale evidente perché viene percepito a livello organico, procurandoci alterazioni nella funzionalità energetica di un organo o di un apparato. Questo livello è maggiormente percettibile dall’organismo; è il livello funzionale, quello in cui i nostri visceri o il nostro apparato muscolo scheletrico trovano l’energia per poter funzionare correttamente, quello di cui si occupa la Medicina Tradizionale Cinese e dove opera il Naturopata tramite l’utilizzo delle piante. La nostra forma pensiero negativa si è consolidata su questo livello perché non abbiamo ascoltato il messaggio del malessere ed abbiamo contribuito a far crescere “il fiume dei pensieri” senza occuparci di provare ad interpretare l’informazione nascosta tra i meandri della mente. La reazione psicosomatica allora lo ha trasformato in un disturbo che in qualche modo ci condiziona la vita ma ancora non ci impedisce di andare avanti. Ecco che allora, sia la mente che il corpo energetico si modificano trasformando il disturbo in sintomo.
Il sintomo è quindi il completamento della trasformazione bioenergetica di quello che era inizialmente avvertito a livello spirituale come disagio. Il sintomo si manifesta, ingigantendo il suo messaggio, scendendo all’ultimo livello della nostra piramide, quello materiale o somatico, il livello atomico-molecolare, quello delle reazioni biochimiche dell’organismo, il livello strutturale e morfologico, dove non solo gli organi e gli apparati sono interessati sul piano funzionale ma persino tutta la nostra struttura muscolo-scheletrica. Una volta che il messaggio ha innescato una reazione biochimica questa si trasforma in sintomo ed una volta che il sintomo si è concretizzato sul piano materiale, noi lo percepiamo come dolore, manifestato nelle sue varie forme, e gli diamo finalmente il nome di malattia. La malattia, una volta instaurata a livello somatico materiale, contribuisce, se protratta nel tempo come ad esempio le malattie croniche, a formare la Memoria Cellulare dell’intero individuo, innescando un ricambio cellulare inquinato da informazioni alterate e complicando ancora di più la fase di riparazione dell’alterazione biochimica subita.
Analizzando questo percorso non possiamo non renderci conto che tutto quello che ci succede deriva dal nostro atteggiamento mentale, anche se molte volte non riusciamo nemmeno a prenderne atto. E non è certo un concetto moderno perché già 2.500 anni fa, Ippocrate, con uno dei più famosi aforismi recitava <“Se sei malato, scopri prima di tutto che cos’hai fatto per diventarlo”> anticipando la teoria della moderna Medicina Psicosomatica. La nostra mente è ancora oggi un “oggetto” in fase di perenne studio ma già le basi della Psicosomatica ci aiutano immensamente a comprenderne i misteri. Oggi finalmente anche la Medicina ufficiale si è resa conto dell’interazione tra mente e corpo e negli ultimi anni la Psicosomatica si è fregiata del titolo di Medicina a tutti gli effetti. Il suo presupposto teorico infatti è la considerazione dell’essere umano come inscindibile unità psicofisica. Tale principio spiega il fatto indiscutibile che in ogni forma morbosa, accanto ai fattori somatici e fisiologici, giochino un ruolo fondamentale anche i fattori psicologici. Addirittura si è ammesso che persino i traumi accidentali, anche più comuni fino a rotture ossee o peggio, possono avere una motivazione derivata da un conflitto psicologico. Resta però il fatto di essere una scienza che, se studiata da medici, prende in considerazione i sintomi unicamente come segnali di malattia, classificandoli secondo il rigore scientifico e magari tralasciando l’enorme importanza del fattore bioenergetico nella comorbilità della malattia.
Ben diversa e molto più complessa è la versione naturopatica della Psicosomatica. La Naturopatia, per sua natura è portata a considerare non la malattia, col nome scientifico che le si da, ma bensì il malato, con le sue caratteristiche diatesiche, morfologiche e caratteriali e pone in primo piano la persona nel suo complesso (visione olistica) del quale la mente è solo uno dei suoi aspetti. In Naturopatia, per poter studiare olisticamente l’individuo, oltre agli strumenti anamnestici classici, vengono utilizzati ulteriori strumenti per avere una visione il più possibile completa di quelle che sono le cause vere del disturbo e se si parla di “atteggiamento mentale” bisogna anche prendere in considerazione altri parametri per giungere alla costituzione della scienza che io chiamo “Approccio alla Psicosomatica Applicata”. Solo quindi se si applicano tutte le conoscenze riguardanti il cervello e le sue funzioni, relativamente alla fisiomorfologia costituzionale, si può applicare un modello terapeutico ad ogni singola persona nel pieno rispetto della sua individualità.
Le scienze che si riuniscono nell’ Approccio alla Psicosomatica Applicata sono:
ü La Psico-neuro-endocrino-immunologia, che dimostra l’inscindibile interazione corpo-mente attraverso la connessione e l’interazione del sistema nervoso con il sistema immunitario, con quello ormonale e l’atteggiamento psicologico. Abbiamo già visto come atteggiamenti mentali e stati emotivi negativi possono influire sull’attività biochimica dell’organismo provocando sintomi di varia natura così come è vero il contrario, e cioè che gli atteggiamenti positivi possono agire agevolando processi di guarigione, il mantenimento della salute e persino il ringiovanimento.
ü La Morfofisiologia, ossia lo studio delle caratteristiche morfologiche ereditarie che porta alla predisposizione verso alcuni disturbi tipici del corredo genetico (genotipo) alla quale si associa l’esperienza vissuta nell’ambiente di crescita (fenotipo) che contraddistingue ogni individuo. Di questa materia da me ideata fanno parte l’Embriologia, la Biogenetica e la Semeiotica, la Nutrigenomica e l’Epigenetica; in pratica tutte le varie Biotipologie umane analizzate secondo le diverse culture occidentali ed orientali messe a confronto.
ü La Bioenergetica e la Biotipologia, dagli studi di Reich e Lowen che associano cinque atteggiamenti mentali a cinque atteggiamenti posturali in base alle cinque ferite dell’anima che abbiamo vissuto da piccoli. Ogni ferita produce un atteggiamento (maschera) che si va a somatizzare sul corpo creando blocchi energetici che impediscono il fluire dell’energia.
ü La Nuova Medicina del dr Hamer, ossia la conseguenza che un trauma emotivo grave o ripetuto produce nella corteccia cerebrale. Una volta danneggiata quell’area, le connessioni nervose verso quell’organo o apparato vengono a mancare danneggiandone l’attività. Solo con una nuova presa di coscienza e la comprensione del trauma emotivo avviene la riparazione del conflitto da parte del cervello.
ü La Psicobiotica che studia i conflitti generati all’interno dei vari sistemi corporei consigliando azioni “pratiche e metaforiche” finalizzate alla loro risoluzione. Per la Psicobiotica esiste, oltre al cervello psichico, un cervello biologico, che sfugge alla comprensione cosciente ma sovrintende i nostri comportamenti, emozioni, sentimenti. Questi influenzano la psiche generando risposte sensate o conflitti che, se non risolti, danno origine alla malattia fisica.
ü La Psicogenealogia o Psicologia transgenerazionale, ossia lo studio delle memorie ataviche e dei conflitti fissati nel DNA, tramandateci dai nostri avi. Sotto questo punto di vista noi siamo “costretti” ad un certo comportamento o a “portare” una malattia, anche contro la nostra volontà, per risolvere un problema causato dai nostri antenati.
ü La Psicosintesi; lo studio dell’essere umano in base all’atteggiamento mentale secondo Assagioli. In questa scienza l’uomo è classificato in base al suo comportamento sociale. Le classificazioni sono divise in base alle funzioni prevalenti (attitudini), le caratteristiche psicologiche (propensioni), i modelli di crescita (ideali), le domande chiave (frasi ricorrenti), le degenerazioni (patologie che si possono instaurare), l’ambiente dove operano (spazio o tempo)e la realtà che prediligono (mondo soggettivo interno o mondo oggettivo esterno).
ü La Psicologia orgasmica, che osserva il comportamento delle pulsioni istintive provenienti dai genitali (cervello rettile o paleoencefalo) mediato e controllato dalla neocorteccia cerebrale (telencefalo). Il conflitto che ne emerge spacca in due la persona ed è causa di dubbi, paure, indecisioni, insicurezze e produce rabbia e rancore, in primo luogo verso se stessi e poi verso gli altri.
ü La Psicodinamica, che si basa su tecniche di meditazione attiva, consente di migliorare visibilmente il proprio stato generale di salute e di gestire al meglio le proprie malattie. Inoltre favorisce anche l’emergere di contenuti simbolici dal profondo fornendo alcuni strumenti utili per la loro interpretazione.
Alla luce di quanto esposto risulta difficile ignorare tutti questi aspetti e sfaccettature che compongono e coinvolgono la mente umana. Un bravo terapeuta non può fermarsi ad analizzare uno solo o qualcuno di questi aspetti ma dovrebbe conoscerli e considerarli tutti per aver un quadro il più possibile olistico e completo della persona nella sua espressione integrale. Solo dopo aver preso in considerazione tutti questi aspetti si può pensare di considerare un percorso terapeutico corretto ed individuale. La malattia non è un errore né una punizione ma un processo biologico dotato di un suo senso e solo dopo aver analizzato ed ammesso i propri errori è possibile guarirne magari non con dei farmaci ma con gli elementi messi a disposizione da Madre Natura. L’Approccio alla Psicosomatica Applicata dunque non è solo un completo strumento anamnestico ma diventa anche risolutivo con l’aiuto di rimedi come quelli che ci forniscono la Floriterapia, l’Oligoterapia, la Fitoterapia, la Medicina Tradizionale Cinese, la Medicina Ayurvedica, la Medicina Tradizionale Mediterranea, l’Opoterapia, la Litoterapia ed ogni altra tecnica Naturale che possa servire personalmente a quel dato unico individuo per ricongiungersi con la strada del Benessere dalla quale si era smarrito. Tutto questo è quello che io chiamo “consapevolezza”.
Eros Zannoni